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Mostre da non perdere al Palazzo Reale di Milano MUNCH - IL GRIDO INTERIORE parte prima

Dal 14 settembre 2024  fino al 26  gennaio  2025  Palazzo Reale, in collaborazione con il museo MUNCH di Oslo,  riporta nelle sue sale  100 tra i capolavori più importanti di Edward Munch per celebrare gli 80 anni dalla sua morte.  Le opere riguardano il periodo tra il 1880  al 1944, anno della sua scomparsa.

Chi pensa che Munch sia stato un uomo cupo, un depresso, deve assolutamente vedere la mostra per capire che solo in parte è vero. Il percorso artistico da lui intrapreso ci mostra una personalità in continua evoluzione che vive le avversità della vita, e lui ne ha avute tante, analizzandole e metabolizzandole attraverso la sua pittura procedendo costantemente verso il futuro e donandoci infine la sua particolare e unica visione dell'esistenza umana e del Creato.

Ma partiamo dall'inizio... Munch nacque a Loten in Norvegia nel 1863, secondo di cinque figli. La famiglia si trasferì Christiania, l'odierna Oslo  nel 1864, dove il padre Christian Munch venne impiegato come medico. Sin dalla fanciullezza Edvard fu provato da una serie interminabile di disgrazie familiari: la madre morì di tubercolosi  nel 1868, seguita dalla  sua adorata sorella Johanne Sophie nel 1877, che morì a causa della stessa malattia. Egli stesso aveva una salute cagionevole e soffriva di costanti problemi polmonari.

La zia materna Karen e il padre si occuparono di lui, il bambino amava il disegno e la pittura e passava gran parte del suo tempo a fare ritratti della sua famiglia.

A 16 anni iniziò a frequentare un istituto tecnico per studiare ingegneria, disciplina in cui eccelleva, ottenendo risultati ottimi nelle materie scientifiche e familiarizzando con il disegno di prospettiva ma il ragazzo continuava a desiderare di dedicarsi agli  studi artistici. Il padre, dopo aver cercato di dissuaderlo, lo autorizzò a iscriversi alla Scuola di Disegno di Oslo, dove rimase per un anno, e di trasferirsi poi alla Scuola d'Arte e Mestieri.  Edvard realizzò le sue primissime opere d'arte, fra cui un ritratto del padre, il suo primo  autoritratto e vari nudi, che però oggi sopravvivono solo nei bozzetti.

In questo periodo Munch entrò in contatto anche con i circoli bohémien della città, presieduti dall'amico Hans Jaeger scrittore dallo spirito anticonformista e anarchico che esortava i discepoli con l'imperativo «Scrivi la tua vita!».

Prendendo spunto dalla dottrina di Jæger, il giovane artista intraprese un percorso di riflessione e crescita personale, con il supporto di un diario dove scriveva i suoi pensieri. Questo si rivelò un periodo di svolta per la produzione artistica di Munch, che già con i quadri dal titolo “La fanciulla malata”, dove viene risvegliato il ricordo della malattia della sorella Sophie, iniziò a dipingere le prime tele dell'anima.

Nei numerosi quadri dedicati alla morte della sorella l'artista ci trasmette la cupezza, la disperazione e il senso di rassegnazione di fronte a  questo ineluttabile evento di cui sembra cercare il senso... «è realmente accaduto?» sembra chiedersi l'artista. 

La sua arte venne molto contestata in quanto considerata non finita, l'unico che lo difese fu l'amico e insegnante Krogh  che scrisse un memorabile articolo volto a prendere le parti del suo ex allievo e in cui spiega che le opere di Munch non sono incomplete ma tutto il contrario: «dipinge l'essenziale e ciò che vede e sente, riesce veramente a mostrare i suoi sentimenti, le sue ossessioni, e a questo subordina tutto il resto».

Nel 1889 Munch vinse una borsa di studio e si recò a Parigi dove partecipò a un'esposizione per l'Expo nel padiglione della Norvegia. Acquistò fama e riconoscimenti e si appassionò alle opere di Van Gogh, Gauguin e Toulouse-Lautrec ma sfortunatamente ricevette la notizia della morte del padre... di questo dirà: «Vivo con la morte - mia madre, mia sorella, mio nonno, mio padre... ucciditi, e poi è finita. Perché vivere?»... calò in una profonda depressione.

Nel frattempo Krogh, suo grande estimatore,  fece conoscere la sua arte in Germania e organizzò una sua mostra a Berlino.  Il clima artistico della capitale tedesca era tuttavia molto teso a causa della contrapposizione tra i tradizionalisti e gli artisti disponibili a influssi più moderni. La mostra di Munch non fece che acuire questi dissidi e gli accademici ottennero la chiusura della mostra, la stampa lo raccontò come “l'affare Munch”.

L'artista rimase molto sorpreso e disse «Non mi sono mai divertito così tanto - è incredibile quanto una cosa innocente come un dipinto possa creare un simile trambusto».

 Molti sono i quadri dipinti in questa parentesi berlinese. Fra questi, degno di nota è La morte nella stanza della malata (1893), dove si materializza nuovamente il fantasma della morte della sorella dove non è il dolore fisico a essere rappresentato ma quello psicologico. Il pittore qui non vuole raccontare la scomparsa di Sophie bensì mostrare la reazione dei singoli familiari di fronte a un evento tanto misterioso quanto la morte che li trova  distanti e non uniti dal dolore, intrappolati nella loro personale e individuale sofferenza.

Fu a Berlino che Munch dipinse anche il famoso “Urlo” sintesi del suo stato d'animo, un uomo emotivamente provato e sensibile scosso da quello che lui percepì come l'urlo straziante della natura circostante durante una passeggiata al tramonto.

«Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata.

Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura»: queste furono le circostanze che portarono Munch a dipingere uno dei quadri più celebri dell'arte mondiale ed ineguagliabile emblema dell'angoscia dell'uomo.

...segue


di Bettina Coccinella



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