Le parti comuni del condominio sono gli spazi dell'edificio che sono in comunione d'uso e proprietà tra tutti i condomini e sono disciplinate dall'art. 1117 del Codice Civile.
L'art 1118 c.c. è stato modificato dalla Riforma del Condominio, ovvero la Legge 11 dicembre 2012, n. 220, che ha precisato maggiormente quali sono le parti comuni dell'edificio; ha aggiornato l'applicazione della disciplina anche al cd. supercondominio; ha ampliato la tutela a proposito della destinazione d'uso delle parti comuni e così via. L'art. 1102 c.c. in materia di utilizzo della cosa comune prevede che ciascun partecipante ha il diritto di usare e godere dello spazio comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Nonostante il principio generale, tuttavia, sono frequenti le contestazioni sulle modalità più o meno corrette che alcuni fanno degli spazi di tutti all'interno del condominio.
E' bene ricordare, infatti, che l'utilizzo delle parti comuni non può essere indiscriminato, ma anzi è chiamato al rispetto sia dei diritti degli altri condomini sia della destinazione d'uso prevista dal bene in questione.
Proprio a questo proposito a dirimere le questioni, nel corso del tempo, sono intervenute diverse sentenze della Corte di Cassazione, che hanno in primo luogo precisato il limite oltre il quale l'uso fatto dal singolo condomino possa arrecare danno ad altri: “la regolamentazione dell'uso della cosa comune, in assenza dell' unanimità, deve seguire il principio della parità di godimento tra tutti i condomini stabilito dall'art.1102 cod. civ., il quale impedisce che, sulla base del criterio del valore delle singole quote, possa essere riconosciuto ad alcuni il diritto di fare un uso del bene, dal punto di vista qualitativo, diverso dagli altri” (Cass., sez. II, sentenza del 7 dicembre 2006, n. 26226).
Il pari uso richiamato è stato poi ulteriormente precisato, ovvero: “non va inteso nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione” (Cass., sez. II, sentenza del 30 maggio 2003, n. 8808).
In particolare, esaminiamo adesso quali sono le parti comuni del condominio, come funziona il loro utilizzo secondo la legge e a chi rivolgersi in caso di contrasti.
Sono parti comuni quelle in rapporto strutturale o funzionale con l'intero edificio condominiale. Ne sono un esempio le parti che formano la struttura dell' edificio, i locali accessori per il servizio generale e tutti gli impianti indispensabili all'uso e godimento comune. L'articolo 1117 del Codice Civile elenca in via esemplificativa le parti comuni: il suolo, le fondamenta, i muri maestri, i pilastri, le travi portanti, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate, le aree destinate al parcheggio, la portineria, l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi, i sottotetti destinati all'uso comune, le opere, le installazioni, i manufatti, gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti fognari e idrici, i sistemi centralizzati di distribuzione e trasmissione di energia e gas, di riscaldamento e condizionamento, di ricezione radio tv e qualunque accesso di flusso normativo.
Il condominio è composto anche di parti di proprietà esclusiva, cd. private, che sono di competenza esclusiva del proprietario dell'immobile, a differenza delle parti comuni che sono invece rimesse alla competenza dell' amministratore di condominio.
Le parti comuni sono disciplinate dalle norme del Codice Civile e dal diritto di proprietà di ogni proprietario nell' edificio. Vediamo di seguito alcune delle norme più significative:
- art. 1102 c.c., rubricato “Uso della cosa comune” dispone: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.
- art. 1117 ter c.c., rubricato “Modificazioni delle destinazioni d'uso” prevede: “Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell' edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni. La convocazione dell' assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione. La convocazione dell' assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso. La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi. Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico”;
- art. 1117 quater c.c., intitolato “Tutela delle destinazioni d'uso”, prevede: “In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l' esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'articolo 1136”;
- art. 1118 c.c., intitolato “Diritti dei partecipanti sulle parti comuni”, prevede: “Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.
Il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell' impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.
- art. 1119 c.c., intitolato “Indivisibilità”, prevede: “Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”;
- art. 1123 c.c., rubricato “Ripartizione delle spese” prevede: “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell' interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”.
a cura di Avv. Dario De Pascale
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