L’Ora Legale
a cura di Avv. Dario De Pascale - d.depascale@depascaleavvocati.it
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Si è molto discusso ormai da più di un anno se la protratta situazione emergenziale in corso possa impattare sul diritto dei contratti e, in particolare, se esistono dei rimedi per il debitore della prestazione che si vede resa tale prestazione più difficoltosa o impossibile da eseguire o eccessivamente onerosa.
Si ritiene comunemente che ci si trova in questi casi dinanzi ad una situazione di forza maggiore, soprattutto se questa è riconducibile, come sta avvenendo in questi giorni, a provvedimenti (factum principis) della Pubblica Autorità che possono incidere indirettamente anche sulle dinamiche dei rapporti fra privati.
Occorre premettere che, salvo provvedimenti autoritativi che si occupino espressamente di regolamentare la sospensione dei contratti e dei loro effetti al verificarsi di determinati eventi (provvedimenti espressi che non sono intervenuti durante il periodo di emergenza Covid 19), non è possibile instaurare alcun automatismo.
Andrà quindi effettuata una valutazione caso per caso, contratto per contratto e con l'ausilio di un legale, per accertare l'effettiva incidenza dell'evento o la portata quantitativa dello stesso sull' eseguibilità della prestazione stessa.
Venendo poi ai rimedi invocabili, rilevo che il nostro sistema civilistico appresta il rimedio dell'estinzione dell' obbligazione nel caso di impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore (art. 1257, 1° comma, c.c.), escludendo la responsabilità per il ritardo nel caso di impossibilità temporanea salva l'estinzione se la perdurante impossibilità esclude un interesse del creditore all' esecuzione (art. 1257, 2° co., c.c.).
Sul piano della risoluzione il sistema presta il rimedio dello scioglimento del contratto per impossibilità sopravvenuta totale o parziale con i conseguenti rimedi restitutori o di riduzione del prezzo a seconda dei casi (artt. 1463-1464 c.c.).
Discorso a parte è lo strumento della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, salva la normale alea del contratto, dovuta a eventi straordinari e imprevedibili al momento dell'assunzione del vincolo; chi la subisce può però evitarla offrendo una modifica equitativa delle condizioni divenute eccessivamente gravose (art. 1467 c.c.).
Desidero inoltre sottolineare che nel codice civile manca una definizione di forza maggiore che è lasciata in linea di massima alla qualificazione giurisprudenziale secondo cui per forza maggiore deve intendersi "un impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità (anche a titolo di colpa), inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento".
In questo contesto, in assenza di disposizioni specifiche, non sarebbe corretta un' automatica equiparazione del COVID-19 ad un'impossibilità sopravvenuta della prestazione con effetti liberatori per il debitore; infatti, andrà sempre valutata l' effettiva incidenza causale dell'evento o del provvedimento autoritativo (che ha effettivamente differenziato il lockdown sia per tempistiche, che per categorie lavorative) sull'esigibilità della prestazione.
Giova ricordare che, nell' ambito del principio di buona fede ispirato dal dovere costituzionale di solidarietà sociale, permane l'obbligo di protezione dell'interesse dell'altra parte se ciò non comporta un apprezzabile sacrificio; in termini concreti, la parte colpita dall' evento giuridicamente infausto dovrà valutare ed eventualmente concordare con la controparte, prima di invocare un esonero di responsabilità, se esistono effettivamente forme di adempimento alternative che rendono comunque possibile la prestazione pattuita ovvero una prestazione alternativa.
Allo stesso tempo giova considerare che, a seguito dei numerosi provvedimenti di chiusura delle attività commerciali succedutisi (fatta eccezione per le attività relative alla vendita di beni di generi alimentari e di prima necessità, così come individuate nei DPCM emessi), potrebbe configurarsi per il debitore una c.d. impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione di cui all'art. 1256 c.c.; e ciò in particolar modo nel caso di mancanza di incassi o di oggettiva difficoltà economica derivante da tale chiusura commerciale. Tale circostanza – laddove reale e provata – può giustificare il debitore del ritardo nell'adempimento della propria obbligazione contrattuale per il periodo per il quale ancora durerà l' emergenza sanitaria.
Si tratta comunque, come si è precisato, di una valutazione che va fatta caso per caso – e con l'ausilio di un professionista in grado di valutarne l' opportunità e convenienza -, essendo quindi sconsigliabile l'assunzione di una posizione di inadempimento generalizzata al fine di evitare il proliferare di contenziosi.
Avv. Dario De Pascale
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